Intervista a mantovano – “Ne ho tanti di miti, potrei scrivere un elenco infinito”

E’ uscito “Tempi Interessanti”, il singolo d’esordio di mantovano.

La composizione è figlia del nostro tempo – per l’appunto – è una ballata alternative rock che paradossalmente trae linfa vitale dalla non vita che siamo stati – e siamo – costretti a subire negli ultimi anni: eventi estremi come la pandemia e le guerre ci hanno condotto ad un vero e proprio senso di baratro imminente, di vuoto cosmico. Le liriche si lasciano fecondare da suggestioni quali solitudine, rabbia, distacco e disincanto, è un voler prendere le distanze da tutto ciò che di più disumano ci sta attanagliando.

Viviamo tempi molto interessanti” – dice Christian Slater nei panni di Mr. Robot, nell’omonima serie televisiva – frase da cui mantovano si lascia ispirare traendone il titolo della sua canzone – che descrive una società individualista che fa del denaro il fine ultimo, tratta tematiche di anarchia, rivoluzione e ribellione verso un mondo perduto: un luogo fisico che è stato abbattuto da reti digitali che aprono intorno a esse spiragli distopici.

Il climax esplicativo si manifesta con acuta intensità soprattutto nel ritornello, spazio in cui viene citato e parafrasato un passo de All’amato me stesso di Vladimir Majakovskij.

Non è un caso: l’opera del poeta futurista infatti descrive perfettamente il senso di sconfitta, impotenza ed inutilità dinnanzi all’essenza duale del mondo diviso tra bene e male, tra materiale e spirituale.

Tempi Interessanti si porta avanti in un crescendo emotivo e sonoro facilmente percettibile che giunge al suo culmine massimo nella parte finale, momento in cui l’autore non si risparmia dal porre una domanda e far riflettere il proprio interlocutore: “tu sai fare altrimenti?”.

Dice l’artista riguardo al brano: “è un processo introspettivo in cui si cercano risposte e si pongono domande, in cui tutto rimane sospeso, in attesa”.

Link streaming Spotify: https://open.spotify.com/intl-it/album/6Ayhl7QRZIDyPAnGUEqHw7

Link per gli stores digitali: https://music.imusician.pro/a/AkG0mbZa

Di seguito l’intervista all’artista…

Come scrivi solitamente i testi delle tue canzoni? Come nascono?

Non c’è un modo univoco. Dipende dal momento e soprattutto da quanto quel momento sia pregno di ispirazione. Di base per me l’ispirazione è la necessità, il bisogno di voler sublimare un qualche impulso interiore: il tutto assume di per sé le fattezze di uno sfogo a tutti gli effetti. Scrivo quando il processo metabolico di un evento – che mi ha procurato una certa vibrazione – giunge a compimento: questo può avvenire in auto, in palestra, in studio, ovunque.

Secondo te, qual è la cosa più importante nello scrivere una canzone ?

Il creare. La creazione e non la produzione (“produzione” intesa come attività industriale che realizza prodotti in serie, che deve sottostare a degli standard). La cosa più importante – non solo nella musica e nello scrivere canzoni, ma nella realizzazione artistica in generale – è la verità, l’essere reali aldilà di ogni canone o convenzione (o standard, per l’appunto) che il business vuole imporci.

Che cosa ha ispirato “Tempi interessanti”? Con che spirito è nato?

Il brano è figlio di un periodo di smarrimento totale. Tempi Interessanti sono le certezze assolute della vita di un individuo che di colpo si trasformano in geometrie astratte dai contorni imprecisi. Tempi Interessanti è un tuffo nel buio. Alla seconda domanda invece rispondo con un’altra domanda: “quale condizione emotiva vivresti immedesimandoti in ciò che ho descritto?”.

Quali artisti sono i tuoi miti? Con quali artisti del passato o del presente vorresti collaborare?

Ne ho tanti di miti, potrei scrivere un elenco infinito. Ho adorato tantissimo Layne Staley degli AIC. Avrei di sicuro voluto collaborare con Layne, però questo purtroppo non avverrà mai. In ogni caso apprezzo tantissimo Manuel Agnelli e sarebbe bello poter riuscire a collaborare un giorno. Ah, un consiglio: non ascoltate mai Trent Reznor perché potrebbe causare dipendenza!

Definisci il tuo sound…Come lo hai elaborato?

Per prima cosa ho imposto alla chitarra – il mio strumento – di restituirmi indietro un certo benessere sensoriale: è una questione di percezioni. Volevo al contempo qualcosa di sporco e di dolce, mi piacciono gli ossimori. Poi nella mia testa c’era una visione sonora d’insieme che ho ricercato e inseguito di proposito: niente è stato lasciato al caso, ovviamente. Il basso così presente, possente e definito, granitico – ad esempio – non è mediato ma rappresenta la timbrica ed il playing tipici di Leandro, il bassista con cui ho volutamente scelto di collaborare (e con cui credo di continuare a lavorare in futuro).

Il miglior spettacolo dove hai mai suonato…

Era l’11 agosto del 2015 e suonai con i Sebo – la mia band dell’epoca – al Rock Auser (un Festival che raccoglieva l’interesse dei patiti del rock da tutta la Calabria e non solo) che si svolgeva ai piedi della Sila in un paese di nome Albi, in provincia di Catanzaro. Quella sera presentammo per intero Ombre – il nostro primo Ep – per la prima volta dal vivo. La sensazione che provai fu intensissima: il pubblico aveva proporzioni mostruosamente gigantesche e la gente sotto il palco era in contemplazione (in quel periodo ero fan delle prove in garage e delle jam session in centro sociale, per me era tutto nuovo). Sotto di noi musicisti c’erano chissà quanti mila watt (e si avvertivano tutti); a fine esibizione il feedback da parte degli spettatori fu positivo oltre misura, non mi sarei mai aspettato di dover firmare autografi! Quella sera sul palco mi sentii libero di essere: fu la prima volta in vita mia e lo devo alla musica. Indescrivibile.

Sei un poli-strumentista. Quale strumento preferisci?

Dipende dai momenti ma ho sempre avuto la sensazione che avendo una chitarra in mano si potesse fare tutto.

Per affermarsi conta più il talento o lo studio?

Entrambi, credo che uno non escluda l’altro. Il talento è un dono naturale, lo studio ci aiuta a capire come poterlo esplicare al meglio.

Se dovessi trarre un bilancio, quali sono le tappe essenziali del tuo percorso artistico e non?

Ringrazio mia madre che, fin da quando ero bambino, mi metteva davanti il suo stereo (una Radio-TV Seleco grigio metallizzato) e mi faceva ascoltare i suoi idoli: Branduardi, De André, Guccini, Battiato, Lennon ed i suoi Beatles, Battisti, Dalla, i Nomadi. Era bello perché mi spiegava il significato di quelle canzoni facendomi una sorta di parafrasi: credo sia stato l’incipit del mio amore per questa forma espressiva che è la musica. Ricordo nitidamente il giorno in cui mi fece ascoltare Il Pilota Di Hiroscima, la riascoltai centinaia di volte! Poi sicuramente aver conosciuto e collaborato con Marzio (il batterista dei Sebo e di Tempi Interessanti) ha significato molto per me. Lui ha prodotto le mie prime demo ed è stato uno dei miei principali stimoli musicali. Crescere in un paese di provincia in cui non esistono ambienti per gente che ama la musica – e di conseguenza l’interesse primario è tutt’altro – non è stato facile: lui mi ha fatto sentire meno solo. Il capitolo Sebo rappresenta invece il mio battesimo alla vita: i primi Ep, le prime esperienze serie in studio, i live su grandi palchi in grandi festival, i primi tour, i primi pass, la prima volta di ogni cosa. Credo comunque che ogni viaggio, ogni singola persona incontrata e vissuta, ogni successo ed ogni insuccesso abbiano rappresentato tasselli importanti e fondamentali per il mio percorso artistico e non. Credo sia così per chiunque.

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