È uscito per Dischi Mancini il primo album del giovane cantautore milanese Orfeo, Le Città Sulla Luna. L'artista, dopo esperienze in studio e di musica dal vivo con i principali esponenti della scena indipendente nostrana, ha intrapreso una strada tutta sua, caratterizzata dall'ispirazione della scuola cantautorale italiana e dalla poesia francese, in particolare Jacques Prévert.
Lo abbiamo intervistato…
Ho ascoltato il tuo disco e devo farti i miei sinceri complimenti. Mi puoi raccontare la tua storia fino a qui?
Grazie mille per i complimenti mi fa molto piacere che ti sia piaciuto. Tutto è iniziato nel 2014 quando ho deciso di intraprendere questo viaggio, di scrivere canzoni e di pubblicare quindi il primo ep “Sangue” a cui è seguito il tour che si è concluso nella primavera del 2015. A quel punto avevo scritto altre canzoni e così a luglio mi sono chiuso in studio (Blend Noise Studio) e ho registrato questo nuovo disco “Le Città Sulla Luna”.
Come mai hai deciso di chiamarlo così?
Il nome mi affascina molto, è sempre stato dentro di me ancora prima di pensare al risultato. Vorrei che le canzoni fossero pensate come delle piccole città a se stanti che non hanno bisogno di gravità. Sono dei momenti di vita, di riflessione, che raccolgono esattamente tutti i sentimenti che può regalare la vita in una città. La Luna invece crea il limite, è un corpo celeste piccolo che potrebbe racchiudere tutti i miei pensieri in modo leggero.
Cosa lo differenzia dal tuo ep “Sangue”, uscito nel 2014?
Sicuramente la scrittura e le tematiche. “Sangue” è incentrato indiscutibilmente sull’amore, l’amore in tutte le forme ma sempre e comunque l’amore. “Le città Sulla Luna” prima di tutto spazia anche dentro me stesso, ad un certo punto mi sono stufato di pensare sempre a come potesse essere la vita per gli altri e mi sono chiesto che cosa potesse voler significare per me e quindi ho scritto “Le Costruzioni" . Non ho rinnegato la tematica amorosa ma anche qui mi sono reso conto che avrei voluto spazzare via la vecchia malinconia per lasciare spazio alla speranza.
C’è un brano “peculiare” che in qualche modo racconta la tua essenza?
Credo che “L’universo“ sia la mia essenza. E la mia esistenza.
“Le Costruzioni” è il primo singolo estratto. Lo hai definito un brano stralunato, perché?
Un giorno sono entrato in casa e mi sono chiesto se tutto quello che avessi intorno avesse veramente l’importanza che merita, è un pensiero sconvolgente perché so benissimo qual è la risposta. Non la applico alla vita quotidiana perché altrimenti dovrei fare come Guittone D’arezzo, scappare e non chiedermi più niente. Ho preferito scrivere le costruzioni che nel mio immaginario ricalcano la mia espressione stralunata alla domanda “ma perché?”
Stai portando le tue canzoni sui palchi d’Italia, che rapporto hai con il tuo pubblico?
Direi buono, ovviamente ci sono pubblici con cui ho più feeling e con cui mi lascio un po’ andare e quelli meno ma, in generale, la risposta è positiva. La cosa che mi piace è finire il concerto e parlare un po’ con loro, scambiarsi idee e soprattutto ringraziarli. Perché fossero anche solo 2 persone vanno a maggior ragione ringraziate di esserci.
Lavori molto sulla preparazione dei live?
Abbastanza, c’è un’idea di scaletta predefinita con la quale possiamo creare momenti diversi durante il concerto.
Hai condiviso il palco con artisti del calibro di Maria Antonietta, Paolo Benvegnù, Umberto Maria Giardini, Il Pan del Diavolo. Cos’hai attinto da queste esperienze?
Sicuramente la professionalità. Mi piace tanto osservare le persone che ritengo molto brave e che potrebbero trasmettermi un insegnamento. Ho suonato insieme a loro e poi li ho osservati, ho cercato di attingere il meglio di loro e l’ho fatto mio. È una condizione che mi aiuta a migliorare.
Quali sono le tue opinioni riguardo alla scena musicale italiana?
Ne parliamo molte volte con il gruppo e con tutto l’entourage e la risposta è sempre la stessa. La musica è un sistema strano e difficile, in Italia poi c’è la dicotomia tra “Major” e “indipendente”. La prima tende ad affossare la seconda per mille motivi, non ultimo il fatto che ci sia una cultura musicale discutibile. C’è moltissima buona musica e credo altrettanta pessima musica e non è sempre automatico che la prima esca e la seconda no, anzi semmai tante volte capita il contrario. Comunque sia alla fine credo che dopo questo stato di quiescenza si arriverà a pensare meglio la musica.
Secondo te cosa manca e cosa apprezzi di più?
Manca avere l’umiltà di continuare a credere nelle proprie idee, perché quando cambi la tua idea sei arrogante. Apprezzo chi mi dice che suona per un fine: per la musica stessa, perché ci crede, perché ha fatto una gavetta esagerata, apprezzo chi pur avendo suonato al concerto del Primo Maggio davanti a 500.000 persone si ritrova a suonare al bar sotto casa mia con 3 persone senza dire niente ma suonando allo stesso modo e con la stessa intensità. Apprezzo queste cose.
C'è un messaggio particolare che vorresti lasciare in conclusione ai visitatori di StandOut?
Beh il mio messaggio è assolutamente quello di ascoltare “Le Città Sulla Luna” e seguirmi nelle prossime date.
Grazie per la bella intervista.
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