Dopo tre anni di attesa torna Jacopo Ratini, il cantautore dalla penna raffinata che per l’occasione ci regala un nuovo singolo dal titolo “Non sono più io”. Un inno all’accettazione della propria vulnerabilità, un profondo esame di coscienza e di consapevolezza che porta a domandarsi chi siamo veramente. Il tutto accompagnato da un videoclip che ha come protagonista un clown che ogni sera va in scena per fare sorridere e divertire il proprio pubblico.
Ciao Jacopo, è uscito “Non sono più io”, il tuo ultimo singolo. Un brano attraverso il quale si aprono varie riflessioni sulla propria condizione esistenziale. Qual è stato il momento in cui hai deciso di trasformare in musica tutti questi pensieri? Era il primo lockdown. Sono partito da un arpeggio di chitarra che ho registrato e poi ho cominciato ad ascoltare in loop. Seguendo il flusso emotivo che mi evocavano quegli accordi, ho iniziato a scrivere una serie di parole e di immagini. Quando è uscita fuori la frase “Non sono più io” ho capito che era quella giusta. Da quel momento in poi, trovata la tematica, si è sbloccato l’intero processo creativo e le parole e la melodia sono uscite in maniera fluida, senza grandi difficoltà. Per il ritornello volevo un contrasto, una contrapposizione, che ho trovato nella frase “Ma sono in piedi”; come a dire: posso anche cadere o perdermi ma prima o poi mi rialzo o mi ritrovo, sempre e comunque.
Il videoclip è un incontro tra musica e arte e vede la presenza di un clown. Come è nata questa idea? Mi sono immedesimato nei panni di un artista che tutte le sere va in scena per fare sorridere e divertire il proprio pubblico, e mi sono chiesto: come vive i suoi momenti di malinconia? Come gestisce il rapporto tra arte e vita reale? Quali emozioni nasconde dietro la maschera che indossa? Ero curioso di capire se il pubblico si sarebbe riconosciuto più nella persona sempre sorridente che sta sopra al palco, oppure in quella che si trova nel camerino a fare, anche, i conti con gli alti e i bassi della propria vita quotidiana.
I tuoi testi in modo elegante e introspettivo parlano del tuo mondo e al contempo di quello di chiunque altro. Scrivi per necessità interiore o per avvicinarti al tuo pubblico? Scrivo, in primis, per rispondere ad alcuni miei interrogativi o per approfondire o sviscerare alcune tematiche emotive ed esistenziali che mi incuriosiscono particolarmente; in seconda battuta, cerco di pensare se e in che modo le persone potrebbero identificarsi con ciò che ho scritto, in modo da rendere il più universale possibile le parole e le immagini che ho utilizzato.
Attualmente è difficile pubblicare un disco, un singolo o un videoclip? Pubblicare un singolo, un album, un EP o un videoclip, nel 2023, è molto semplice. Per la musica basta utilizzare un distributore indipendente e in poche ore sei su Spotify; per i videoclip, invece, bastano pochi secondi e sei nel magico mondo di YouTube. La vera difficoltà, oggi, non è pubblicare qualcosa ma riuscire a farsi ascoltare o a farsi trovare in un mondo musicale in cui, solo in Italia, escono quasi mille singoli al giorno.
Sei fondatore dell’Accademia del Songwriting. Cosa ti piacerebbe che i tuoi studentiportassero a casa dopo una tua lezione? La passione e la curiosità per il mestiere di scrivere testi e melodie; la bellezza di giocare con le parole e di conoscerne meglio il significato e il potere; la consapevolezza di riuscire ad essere creativi a qualsiasi età. Perché la creatività, proprio come un muscolo, può essere allenata in ogni momento.
Oltre alla giusta promozione da dare a questo nuovo brano cosa ti aspetta nell’immediato futuro? Il buon proposito per il mio 2023 è quello di pubblicare con una certa regolarità alcuni brani, che ho pronti da qualche tempo, dandogli la giusta visibilità e la giusta importanza. Perché sono frutto di un lungo lavoro creativo e, quindi, mi sento in dovere di farli conoscere a più persone possibili. Il prossimo singolo dovrebbe uscire, più o meno, in primavera.
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