I Full Vacuum Arkestra hanno visto la luce, come formazione esagonale, in seguito al progetto ideato da Davide Barca, voce e firma dei testi contenuti nel nuovo album autoprodotto “Dia Luz” (Giorno luce), distribuito da Audioglobe. Un album difficile da catturare, proprio come la distanza percorsa da un’onda elettromagnetica in un giorno, a tratti inspiegabile, riavvolto in una discontinuità che talvolta scoraggia l’ascolto e talvolta sorprende piacevolmente. Un disco sicuramente proteiforme, poliedrico nei suoni (troviamo il reggae, il blues, la musica cantautorale) e nei testi ellittici, dai richiami vagamente apocalittici (il quasi canto gregoriano di “Arco di Iris”) e dalle espressioni inusuali (“le tette della notte”, la paura come arcobaleno nero, il frullato di stelle cadute dal vento). Nell’atmosfera tutto sommato tribale, anche nei momenti più diluiti, sembra essere racchiuso un guanto di sfida di fiera indipendenza, come a dire: “fareste mai lo stesso?”. “Dia luz” è pertanto, senza ombra di dubbio, un luna park festoso di brio e spirito critico, di quelli antichi, primordiali, quasi al limite delle fiere in cui venivano esibiti gli spettacoli della natura. Lo show si ripete, ma qui ad andare in scena sono le varie “forme di vita”, declinate a seconda delle circostanze con maestria e spontaneità, che troverebbero un surreale riscontro letterario ne “Il custode delle rane” di Pedro Zarraluki.
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