Julianna Barwick – Will

Se riuscissimo a liquefare la poesia, quella dei rapsodi più emozionanti che l’umanità abbia visto passare, il suono che ne uscirebbe sarebbe una melodia assaporata tra “Ummagumma” dei Pink Floyd, “Apollo: atmospheres and soundtracks” di Brian Eno e “The magic place” di Julianna Barwick. Nonostante la sua giovane carriera (cinque album all’attivo), la fille prodige di Brooklyn si è rivelata negli ultimi anni come l’astro più lucente della musica ambient spingendola sempre più verso mete lontane (la collaborazione con il quartetto islandese Amiina nell’ultimo “Nepenthe” ne è esempio). Giunta alla prova del numero intoccabile, Julianna ha afferrato le redini di un percorso artistico intenso intrapreso con “Sanguine” e ha creato un’Ara pacis in perfetto equilibrio tra struttura, brivido ed esperimento, dal titolo "Will". Il contatto con il passato avviene subito, con il brano “St Apolonia” e la voce cristallizzata, accompagnata soltanto dall’irrompere degli archi che precipitano come manna dal cielo nella profondità desolata dell’ascolto. Ma l’evoluzione si percepisce con la stessa immediatezza: “Beached” è catartica nelle sue spennellate di colore distese, a rievocare le incredibili colonne sonore di Teho Teheran (su tutte, l’”Oriana”), “Same” richiama a raccolta le atmosfere orchestrali, nelle quali il suono sgocciola come se da un momento all’alto le lacrime dovessero scendere come cascate e parlare per noi. Perché tanto nella nudità di una loop station (strumento sempre più ad personam, visto l’uso magistrale che ne fa) quanto negli arrangiamenti mistici per potenza allusiva si erige fiera una consapevolezza indubitabile: “Will” celebra il miracolo dell’udito e il trionfo della sensibilità, capace di scrutare la boscaglia oscura dell’animo con le sue mille diramazioni. Siamo di fronte a un inno delfico alla Bellezza, a un cesto di litchi abbondante, a un’artista grazie alla quale sappiamo ormai che in ogni sua opera l’incantamento è di casa. 

  • 9.5/10
    - 9.5/10
9.5/10

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