Recensione – Demiurgo – “Daidalos”

Demiurgo, alias Paolo di Pierdomenico, è un artista teramano, che affianca la professione di informatico a quella di scrittore horror(ha ottenuto anche vari riconoscimenti via web per le sue storie), fantasy e la fantascienza, ma soprattutto di musicista elettronico-progressivo. Assieme all’amico Luca Galli, vari hanno fa, ha dato origine al Demiurgo Electronic Music Project. Nel 2021 esce Holographic Ghost Stories, seguono, quindi Spiral into Darkness, Thanatos e l’EP in vinile 7 Virtues for a Wandering Spirit.

Questo musicista torna adesso con l’EP Daidalos, costituito da quattro tracce, concept album dedicato alla fantastica vicenda di tale personaggio. Tuttavia, l’esplorazione di tale mito porta l’autore a creare una mitologia contemporanea, autentica celebrazione dell’ingegno umano, che proietta tale composizioni al di fuori dello spazio comunemente inteso.

Queste quattro tracce sembrano davvero valicare i confini terrestri e spingersi ben al di sopra delle nuvole, ben al di sopra rispetto a dove Dedalo si era spinto nel suo folle volo. Immaginiamo di riarmonizzare il tema di Greensleeves, celebre ballata medievale inglese di autore ignoto, e di forzarla in una dimensione cosmica: otterremo così le prime note di Daidalos. Ma la spazialità, la tridimensionalità del suono emergono già nell’intro. Un repentino cambio di velocità e conduce verso note stoppate, percussioni elettroniche e mistero. La lezione dei Depeche mode di Music for The Masses è abbastanza evidente nel brano, che alterna fasi più e meno cariche, nelle quali comunque predomina l’amore per i synths, per le architetture sonore libere e d’ambiente, per le atmosfere epiche e mistiche. La cura con la quale viene trattato questo materiale è, come sempre, evidente. Il brano si conclude con una ripresa del tema iniziale. La seconda traccia, Helios, è pura contemplazione. La ricerca melodica qui lascia spazio a sprazzi di pura luce, tra tappeti sonori, arp synths, ampi accordi.

Demiurgo è sempre alla ricerca di ciò che è epico ed allo stesso tempo arcano e qui, come nella successiva Labrys, tale intento è evidente. La terza traccia inizia con note che sembrano cavalcare. A mo’ di fuga, ad essere si accostano altre strutture, che ora armonizzano ora si oppongono alle precedenti. Si ha l’impressione che in Labrys questo musicista compia una ricerca formale in senso assoluto, prescindendo da contenuti o rappresentazioni, anche sperimentando tutto ciò che può succedere qualora si decidesse di operare su di un singolo tema.

In Asterion, però, il contenuto, in parte. Brano frammentato, meravigliosamente ostico, in esso si ha l’impressione di essere su di una navicella spaziale che ha perso i contatti con il pianeta Terra. I synths ricordano i Kraftwerk, e se nelle successioni iniziali possiamo riscontrare una cerca casualità, a partire da 2:00, nel bel mezzo di un crescendo, sembra emergere una successione che si ripete in loop. Ci colpiscono in particolar modo due note, che quasi riproducono il suono di due gocce d’acqua (simili a quelle di Echos dei Pink Floyd, ottenute facendo passare un synth in un amp per chitarra, oppure di Aegean Sea degli Aphrodite’s Child). Ma il caos siderale sembra prevalere, ed in breve tempo di tale loop rimane ben poco. Una nube stellare avvolge il tutto.

Demiurgo compie un viaggio spaziale, emozionale, ma anche storico, esplorando la parte migliore della storia dei synths (dal rock progressivo all’elettronica contemporanea). Compositore micro-polifonico, con Daidalos crea uno splendido affresco sonoro, travalicando i confini della composizione sonora ed esplorando orizzonti inediti.

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