JamMattia pubblica “I Want You Back”: “Così cambia il DJ”

JamMattia, che ha appena pubblicato “I Want You Back” su Atomika / Jaywork, ci racconta come vede il mestiere di dj. 

Come il ruolo del dj resta fondamentale o diventa meno importante? 

Il ruolo del dj, però, è e rimane fondamentale: è una figura che deve mettersi in connessione sia con le persone sia con la pista, facendo divertire, ma anche portando avanti una ricerca musicale. Proporre nuove sfumature, tracce meno conosciute e creare un viaggio musicale che lo distingua da una semplice playlist. Anche nei miei set, cerco di seguire il più possibile questa filosofia. Non è sempre facile, richiede energia e una certa dose di sensibilità, ma la soddisfazione che arriva quando si crea una connessione autentica con il pubblico è impagabile. È una sensazione che diventa quasi una dipendenza, alimentando la voglia di superarsi e sorprendere, ogni volta.

 

Com’è nato il tuo rapporto con Jaywork Music Group?

La collaborazione con Jaywork è iniziata grazie ad un amico in comune, Antonello Cerri. Insieme abbiamo pubblicato il precedente singolo, “All I Need”. Il team di Jaywork, grazie alla loro esperienza, mi ha insegnato moltissimo, specialmente nel mondo del publishing permettendomi di crescere come artista.

Come hai iniziato a fare il dj producer…  e che musica ascolti in questo periodo?

Ho iniziato come Dj, suonando in club che proponevano musica elettronica e facendo le aperture delle serate. La produzione è arrivata in secondo momento, cercando di proporre un genere a cui mi vedevo vicino. Ora ascolto molti generi ma la base elettronica rimane il mio punto fermo. Di recente mi ispira molto il drum/soul di Fred Again, così come l’ultimo di Billie Eilish con Charli XCX con deriva acid.

 

 

Vedi qualche nuova sonorità all’orizzonte, in ambito club oppure in ambito musica dance nel suo complesso (dalla techno elettronica più dura alla deep house più sofisticata)?

La techno sta vivendo una seconda giovinezza, forse in alcuni casi più per moda. C’è anche un risveglio e una reinterpretazione dell’italodance, e un nuovo interessante mix tra sonorità latine ed elettroniche molto danzereccio. Personalmente credo che la musica non debba mai essere monotona: mantenere gli stessi bpm o genere per ore può diventare stancante. Apprezzo molto chi riesce a spaziare tra diversi generi, trovando punti di contatto con sonorità apparentemente distanti e creando un vero viaggio musicale. Come esempio, il buon vecchio ma sempre attuale Fatboy Slim.

 

Che consigli daresti a chi si approccia oggi alla professione del dj e del produttore? 

Senza passione, è meglio non iniziare. Essere e fare il Dj oggi è molto inflazionato, ma senza un’autentica vocazione non si va da nessuna parte. Significa avere voglia di cercare musica instancabilmente: nei negozi di dischi, online, percorrendo chilometri per ascoltare un dj set, scovando remix di remix per affinare il proprio stile. La produzione richiede impegno, studio e sperimentazione continua. Non è semplice, ma chi lo fa con dedizione ha una marcia in più. L’autenticità è la chiave di tutto.

 

Come nascono le tue canzoni in studio?

Considerando che lo studio è a Bassano, direi che nascono dopo un bicchiere di mezzo e mezzo, tipico aperitivo del posto. Nel mio caso nascono da una melodia che mi gira in testa. Può essere ispirata da una canzone di un film, da un momento di gioia, o partendo da una reinterpretazione di una canzone già esistente.

 

La produzione musicale sta cambiando in questo periodo o in fondo resta tutto più o meno simile a venti o trent’anni fa, in ambito dance e dintorni?

Non sono così vecchio da ricordarmi i nastri ma tecnicamente c’è un abisso, adesso con una buona scheda audio ed un mac si può fare tutto. Pensa ad Avicii, che ha creato molte delle sue hit in questo modo. Alla base però ci deve essere estro, creatività e la capacità di non fare un copia-incolla da cose già fatte, ma cercare di proporre il proprio stile, magari rischiando… ma così prendendo la direzione giusta.

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