Un viaggio da Nord a Sud, tra “città per cantare” collegate da strade che si snodano lungo emozioni e riflessioni, attingendo dal passato e da istanti tratti dalla vita di tutti i giorni. Torna, sul palco de “L’asino che vola”, il progetto “Canto-autori”. Al centro, la versatile voce di Luigi Restivo accompagnata da cinque musicisti: Fabio Greco e Giacomo Ronconi alle chitarre acustiche, Roberta Tucciarelli al violino, Francesco Luzzio al contrabbasso e Roberto Palladino alle percussioni, garantiscono un calibrato sostegno ritmico-acustico alle sue evoluzioni. Eccoli qua, venuti a vedere “lo strano effetto che fa” nel pubblico il loro muoversi in musica lungo la Penisola, sulle tracce dei cantautori, dando nuova veste a brani famosi o riscoprendo perle a volte scordate. “Mediterraneo” di Mango su tutte.
Si parte dalla Liguria, con un medley dedicato ai suoi migliori talenti, da Ivano Fossati a Bruno Lauzi, passando per Gino Paoli e Umberto Bindi, tra i protagonisti di quella scuola cantautorale di cui Fabrizio De Andrè, Luigi Tenco e Paolo Conte, rappresentano altri storici interpreti, ai quali è dedicato un brano a testa, rispettivamente “Un giudice”, “Se stasera sono qui” e “Messico e nuvole”. L’atmosfera si scalda e il ritmo aumenta con la rassegna di brani provenienti dalla Lombardia e da autori come Angelo Branduardi, Fabio Concato, Enzo Jannacci, Roberto Vecchioni ed Enrico Ruggeri. Ma è con “Una città per cantare” di Ron che il set tocca uno dei suoi momenti più intensi, attraverso una canzone che sembra racchiudere in sé quasi il senso del progetto, interpretata con misura e passione da Restivo, abile a mutare completamente registro nella successiva “Quello che perde i pezzi”, non facile omaggio all’estro gaberiano, per poi dedicarsi all’intimismo di “Io che amo solo te” di Sergio Endrigo.
A scandire i sapori musicali dell’Emilia Romagna è un nuovo medley, tra il dinamismo di “Con le mani” di Zucchero, la dolcezza di “Piazza Grande” di Lucio Dalla, il piglio di “A muso duro” di Pierangelo Bertoli e la malinconica “Un senso” di Vasco Rossi. Altro passaggio clou del percorso è la versione di “Don Chisciotte” di Guccini, con il riuscito “duello” tra Restivo nei panni dell’eroe di Cervantes e il Sancho Panza impersonato da Fabio Poli. Dopo la tappa in Abruzzo con “Pigro” di Ivan Graziani, si giunge a Roma e lo show offre un composito poker. Nella Capitale si vola via inseguendo un sogno lontano (“Poster” di Claudio Baglioni), si ride amaro ricordando un passato “stupendo ma che dura poco” (“Un’estate fa” di Franco Califano), ci s’immerge nella poesia estatica (“Margherita” di Riccardo Cocciante) e infine si finisce per essere travolti dall'estrosità del Renato Zero di “Mi vendo”. A parte stanno l’inno di “Roma Capoccia” di vendittiana memoria e, su un versante opposto per personalità dell’autore e approccio, “Eppur mi son scordato di te”, di Battisti, introdotta da un divertente sketch che coinvolge nel canto tutti i musicisti sul palco. Alle porte del Sud troviamo una “Je so pazzo” di Pino Daniele meno irruenta e più teatrale dell’originale, una vena, quest’ultima, che prosegue anche nella successiva “Io, mammeta e tu”, sorta di mini-pièce da palcoscenico e occasione per ricordare la Puglia, attraverso uno dei suoi maggiori “eroi” musicali, Domenico Modugno. E se “Mediterraneo”, tributo alla raffinatezza lucana di Mango, si rivela un’eterea carezza, il Rino Gaetano di “Ma il cielo è sempre più blu” sconta invece inevitabilmente una minore verve rispetto al cantautore di Crotone. È il momento dell’approdo finale alla terra natia di Restivo, quella Sicilia raffigurata attraverso le pennellate del maestro Franco Battiato: è il trio pop “Bandiera bianca”/“Cuccurucucu paloma”/“Centro di gravità permanente”, che poggia su solide fondamenta ritmiche e melodismi accattivanti. Siamo arrivati all’ultima spiaggia del live, “il sipario è calato già”. Un altro viaggio è alle porte, lungo un’Italia tutta da cantare. Canto-Autori è uno spettacolo ricercato ma popolare, attraverso note e parole che testimoniano l'ambizione non soltanto di rievocare atmosfere conosciute ma di crearne, se possibile, di nuove, in equilibrio tra voce e avvolgenti sonorità.
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