Ha timbrato il cartellino d’ingresso nel gigantesco cantiere dell’industria musicale, Franca Barone con il suo album d’esordio “Miss Apleton”, uscito per Irma Records. Un disco che finalmente scavalca i palati degli addetti ai mestieri della fruizione di un genere spesso ammuffito nei salotti elitari, capace di abbracciare indifferentemente generazioni diverse rivelandosi elegante, garbato ed essenziale. Sono infatti sette le tracce presenti, che racchiudono sette microcosmi di raffinata spontaneità, variegati nella loro sostanza. La voce di Franca è internazionale, gestita con fluidità e abbinabile ad autrici diverse, in un filo rosso che potrebbe andare dalle profondità emozionali di Sarah Vaughan ai timbri scottanti di Beth Orton. Fossimo a Capoverde o a Londra non avvertiremmo le differenze, ma poi scopriamo che Miss Apleton, nomignolo scherzoso affibbiato alla cantante, è di Milano e il sorriso dell’anima mitiga i dissapori di chiunque, per dirla con un’espressione idiomatica francese, “avesse lo scarafaggio”. Ma pur nell’appellativo simpatico e scherzoso in copertina, nell’album non v’è nulla di caricaturale: scioltezza e genuinità guidano i brani con assoluta padronanza. E giostrano con maestria i sentimenti dei tanti i temi schiusi con parsimonia di volta in volta: l’incomunicabilità tra viventi in “Try to go”, la passione scottante in “Payoff”, la difficoltà compositiva in “Gondrì”, che culmina in un notevole afflato liberatorio di strumenti. È un progetto che avrebbe il suo fascino tanto tra i giovani quanto fra gli esperti del settore, proprio per la sua capacità trasversale di raccontare, sedurre, divertire. La parola d’ordine è lasciarsi andare al suo richiamo.
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