Discovery, il nuovo singolo di Emmeffe, è disponibile in tutte le piattaforme digitali. Dopo i riscontri positivi dell’album d’esordio “Trust” e del successivo singolo “Voyage” il percorso discografico di Emmeffe, all’anagrafe Marco Fantin, prosegue con questa nuova traccia che unisce l’ambient music ad un’elettronica più vicina alla scena berlinese. Noi lo abbiamo intervistato…
Ciao Marco è uscito il tuo nuovo singolo: ‘Discovery’. Prima di parlarne, però, abbiamo qualche curiosità sulla tua evoluzione musicale. Cosa, in primis, ti ha spinto a dedicarti all’elettronica?
Ciao! La prima volta ero praticamente un bambino, studiavo musica classica e in modo del tutto casuale, diciamo per un errore, sono finito dentro un corso di un anno dove ti spiegavano come funzionano i sintetizzatori. Erano gli anni ‘80. Tra l’altro a farlo era un giovane insegnante che più tardi divenne il produttore più gettonato e richiesto in Italia e non solo, tale Roberto Vernetti fondatore degli Aeroplanitaliani insieme ad Alessio Bertallot e altri musicisti della mia città nonché produttore di DeltaV, Casino Royale ma anche Baglioni, Mina, Irene Grandi, Ruggeri, insomma di chiunque, praticamente un mostro di bravura e capacità. La seconda volta, per così dire, è avvenuto due anni fa. Uscivo dalla mia band dopo due album e mi sono chiesto cosa volessi fare. Ero talmente stufo di tutte le dinamiche che normalmente ti si presentano quando stai dentro una band che vuole fare dischi da voler mollare tutto. Sono dinamiche che riguardano la pre-produzione dei brani, la produzione dell’album, la promozione, i live. Inoltre la crisi dei live già ben avviata prima della pandemia mi aveva tolto stimoli anche riguardo i concerti. Suonare dal vivo è meraviglioso ma a patto che sussistano alcune condizioni che la crisi di questo settore ha praticamente annientato. Tuttavia mi sono detto che non avrei potuto mettere una pietra sopra a quella che è da sempre la mia passione più forte, la musica, e allora mi sono trovato un gioco nuovo prendendo un gioco vecchio che avevo messo in un cassetto, l’elettronica.
Possiamo dire che l’elettronica sta prendendo sempre più piede nel panorama musicale attuale. A cosa pensi sia dovuto?
Penso sia dovuto ad una serie di cose. Prima di tutto i tempi. Il rock non riesce più ad esprimerli come faceva prima e altri generi musicali credo più affini a questo periodo si sono presi la scena. Un altro fattore è dovuto alla produzione musicale. Prima gli album si facevano negli studi di registrazione e servivano notevoli risorse economiche messe a disposizione delle case discografiche per fare un disco. Oggi invece possiamo registrare un album da casa, mandarlo in esterna per mix e master e il disco è pronto. Questo abbatte i costi di produzione e tanti artisti del mainstream oggi lavorano in questo modo. Pensa che è anche possibile affittare per un giorno un’intera orchestra in un paese dell’Est ed avere una vera filarmonica nel tuo disco. E questo a costi irrisori. Si tratta di una grossa opportunità se non sei solito indugiare su riflessioni di carattere etico riguardanti lo sfruttamento del lavoro degli artisti. Se invece sei un produttore di musica elettronica puoi anche fare tutto da casa e anche questo è sicuramente un fattore che ha fatto prendere piede all’elettronica in questi anni.
L’album “Trust”, ispirato alla fiducia tra uomo e natura, puoi presentarlo?
Certo! “Trust” è in qualche modo un album autobiografico che rappresenta il passaggio dalla mia precedente vita cittadina a quella, per così dire, un po’ più rurale. Ho cercato di esprimere il contatto e il rapporto che un essere umano può esprimere con la natura attraverso dei suoni e dei brani musicali strumentali. Per fare questo sono partito dai 5 elementi Aria, Fuoco, Acqua e Terra più il Vuoto (l’etere nella tradizione Ajurvedica) cercando di rappresentarli musicalmente e ne è venuto fuori che piaccia o non piaccia tocca fidarsi di cose che non conosciamo. I misteri della Natura e dell’Universo al momento sembrerebbero lontani dall’essere raggiunti ed è il caso di farsene una ragione ed “affidarsi” perché a mio avviso aiuta a vivere un po’ meglio. Questo è “Trust”.
Riferendoci alla parte musicale di “Discovery”: l’uso di drum machine ‘storici’ rende l’ascolto più caldo e avvolgente. Da cosa è nata questa scelta?
La scelta nasce dal voler mettere nelle orecchie dell’ascoltatore qualcosa a lui noto, riconoscibile, che identifica e che gli ricorda qualcosa, magari qualche brano del passato a lui caro. Non è, come dire, il voler essere un po’ paraculi, ma è il motivo per il quale il suono di una Fender Stratocaster è immortale. La 909, così come la 808 o altre drum machine sono un po’ le Fender o le Gibson dell’elettronica e a volte mi piace sperimentare ma altre volte mi piace avere delle certezze.
Con ‘Discovery’ vuoi trasmettere un messaggio oppure trasmettere sensazioni provate?
Voglio trasmettere sensazioni… da provare. Io non posso avere idea delle sensazione che proverà un ascoltatore durante un mio brano per cui cerco di creare uno spazio, come fosse un invito, dove ognuno può provare e ritrovare le sensazioni che gli appartengono di più, quelle a lui più vicine, più care.
E’ giunta l’ora di salutarci. Ti ringraziamo ancora per la disponibilità e ti salutiamo con un ‘ultima domanda: conoscendo la situazione e le difficoltà dell’industria musicale italiana oggi, ci puoi dire com’è relazionarsi con un pubblico come quello italiano, in un periodo storico molto difficile in questo senso?
E’ qualcosa di molto complicato per molti motivi. Vi è una saturazione musicale alle stelle per cui è difficilissimo farsi notare e da parte della platea di ascolto, lo dico senza l’intenzione di offendere nessuno, l’interesse generale è molto basso. Ma questo, come in un circolo vizioso, è alimentato dall’offerta musicale eccessiva e, posso dirlo in tutta sincerità, spesso di bassissimo livello. Vi ringrazio molto per avermi dato l’opportunità di partecipare a questa intervista e rivolgo un saluto a tutti i lettori. Buona musica!
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