Oggi i Love Ghost si tuffano nelle citazioni letterarie contemporanee, ed in particolare in Charles Bukowsky (proprio il titolo viene dal suo “Pulp”), per affrontare un tema spinoso come quello della solitudine generata dalle tossicodipendenze.
I Love Ghost ci hanno abituati a brani che non cantano parole a caso, per moda o per piaggeria discografica, ma che attraversano i tunnel delle difficoltà giovanili delle ultime generazioni.
E, quindi, neanche “Pulp” fa differenza, e la band californiana presenta il tema con una canzone più morbida rispetto alle ultime uscite (di cui comunque consigliamo l’ascolto).
Se dovessimo individuare, in questo brano, lo strumento leader, sarebbe sicuramente il basso di Stevens: dritto, monolitico, senza fronzoli e con un suono da enciclopedia dell’Alternative Rock, la cui linea disegna perfettamente i movimenti della canzone senza mai sostituirsi alla centralità della linea vocale. Le strofe lasciano proprio il basso protagonista nel reggere le sorti armoniche, mentre la voce si muove con uno stile perfettamente riconoscibile, ormai, nelle linee di Finnegan Bell.
Si esplode nel ritornello, la batteria pesta e le chitarre si fanno spazio, potenti e gonfie di armoniche.
I momenti sono ben scanditi e il brano gira bene in tutte le sue parti, le strofe i ritornelli, e anche nello special prima del finale.
Ancora una volta una canzone ben scritta, prodotta magistralmente, con cui i Love Ghost danno seguito alla scia di successi che li ha portati a suonare anche in Europa in importanti festival.
E ancora complimenti da parte nostra, anche per questa “Pulp”!
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