L’Ep d’esordio di Overlogic, “From where?”, autoprodotto dal duo composto da Francesco Cavasinni ed Emanuele Orsini, potrebbe essere sintetizzato con un'’acclamazione di Archimede, “Eureka!”. L’ “Ho scoperto” che tuona nella mente, mentre i suoni prendono vita nelle orecchie dell’ascoltatore, ha dell’incredibile e del profetico: talento e ingegno si sono abbracciati stretti e hanno dato vita a un ibrido monoicista che regge il monolite della buona musica senza disperdersi in produzioni facili o in riff immediati. È infatti ostico il primo approccio al disco, della stessa difficoltà che si affronta ad un bivio: scegliere di inoltrarsi è un regalo che si dona alla propria anima. L’introduttiva “Memories,Remains” ci trasporta nell’essenza delle cose, in un embrione protettivo vivido che riprende la vena poetica dei The Cure collegandola al battito del cuore di Brian Eno e Mogwai. Ed ecco che quando l’animo si è disteso, a riprendere l’attenzione ci pensa l’elettronica “In the beginning”, una sincope sciamanica che fa da forza centripeta per le diverse derive del disco, avvolgendo il concept con una coesione esigente e una tensione loquace. L’originalità è anzitutto, qui, un grande tributo ai maestri del passato, senza che questo impedisca di formulare un suono compatto e sicuro che non sia possibile trovare altrove: se è vero che “Energy” sa di Kraftwerk annodati ai Die Anwoord, “Hello Pluto” di Depeche Mode e David Sylvian e che “Early morning horizon” potrebbe essere a tutti gli effetti la nipotina di “The great gig in the sky” dei Pink Floyd, non bisogna lasciarsi confondere e va dichiarata l’unicità di frontiera cui si è di fronte. Perché come direbbe la poetessa Szymborska, il disco “Vola come si deve, ossia con le sue forze”. Non importa da dove provengano questi suoni prodigiosi, importa la destinazione futura: avanti, in progressione, affinché gli episodi di merito non siano sempre introduzioni all’imborghesimento. Di questo ha bisogno la musica.
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