Recensione: “Concerto imPerfetto” – Meg

E’ uscito il 29 settembre per l’etichetta “Multiformis” e distribuito da Artist First, il nuovo album di Meg, “Concerto imPerfetto”, il primo disco registrato dal vivo della cantante che si accompagna a un tour che partirà da novembre e offrirà una nuova veste al progetto portandolo nei principali teatri italiani.  A due anni di distanza dall’ultima prova in studio, “Imperfezione”, l’analisi transazionale del “prezioso ed alterno passato” (come cantava Battiato in “Running against the grain”) della cantautrice partenopea è l’ennesimo, brillante, colpo messo a segno da una delle artiste più interessanti di quest’ultimo decennio. Dalla comparsa dell’omonimo album “Meg” del 2004, infatti, qualunque animo randagio in corsa per la propria affermazione personale ha cominciato a nutrire un vero e proprio culto reverenziale per lei. E in quest’occasione la classe si fa sentire da subito:  all'opposto dell'odore pestilenziale che emanano gli album di cover o live come tappabuco tra una trovata a tavolino e l'altra, l'album di Meg risponde a una sua solita, irrefrenabile, fame creativa. Doppio cd, quello in questione, che si apre con “Concerto per”, selvatica, prepotente, incontenibile, con la sua bellezza indeformabile in beat e la sua voce meravigliosamente irreperibile. Lei è “il seminatore sul carro che dirige con cura le ruote” del quadrato magico più antico mai esistito, ritrovato – e dove mai? – proprio a Pompei. Bisogna ammette che anche dal vivo, nonostante gli stravolgimenti creativi, è superstite la pièce attoriale ripresa brillantemente da Umberto Nicoletti ne “Il confine tra me e te”. Le pulsazioni elettroniche sono incontestabilmente intime, recondite, quasi inconfessabili e sessuali. 
Meg ci lascia entrare nel suo sangue e nel suo sistema nervoso e in questa Thule straordinaria ci si sente come lei in Islanda, nel video di "Imperfezione": conquistatori e bimbi estasiati, scopritori e parti minute di una bellezza superiore. Il surplus di questa fatica discografica è insito nella tangibilità delle sferzate dei beati, negli scossoni vocali fumantini (“L’asfalto diventa una dance hall”) o estremamente dolci (“Prevale la gioia, finalmente lacrime di gioia”).
In "Simbiosi" i synth sono così naturali, oramai, che potrebbero essere uno stormire di foglie e saremmo convinti di passeggiare in una foresta al crepuscolo. Meg dona alla sua musica il dono prezioso di essere una realtà virtuale dalla quale si vorrebbe non essere mai ritornati. Tant'è che quando, timida o divertita, aggiunge un "grazie" alla sua platea alla fine di un brano, ci si sente così stupiti, che a ringraziare sia lei e non tutto il nostro cuore all’unisono. 
Tanta energia la sua, raggranellata dalle  varie esperienze nella sua carriera (sicuramente il training punk riottoso non le è mancato, con gli straordinari 99 Posse) e nel suo personale libro del Gargantua e Pantagruel Maria di Donna trova molte rivelazioni ai misteri della vita: la sua origine partenopea è stato il motore fiabesco e al contempo stregonesco che come un pisello sotto mille materassi – come avrebbe raccontato Andersen – l'ha sfinita e scomodata a tal punto da invogliarla a diventare una carica esplosiva senza paragoni nell'attuale panorama italiano. 
Ne è testimone la mina emotiva "Napoli città aperta",con quel finale così intrigante, così filatore di atmosfere oniriche e perturbanti che percolano la mente, parente dei colpi di genio di Alice Glass, Ariel Pink, Gazelle Twin.
Nel suo percorso uovo-girino-batrace le forze tutelari sono state la sua creatività e la sua bizzarria, sinonimi tra loro nella loro potenza espressiva. Le vettovaglie dell'armamentario dell'autrice sono racchiudibili in quel verso squisitamente lirico fieramente cantato in "Skaters": "E' tempo di smettere i vestiti che non vanno più". Solo così "L'impossibile trasmissione" "emozione personale/compositiva" – emozione partecipativa prende vita e si avvera, come un numero di magia molto ben riuscito in cui anche l’animalità di “Imperfezione” può manifestarsi dal vivo. 
in "Olio su tela" ci si rende conto che la sua bravura la rende una salamandra: sa spegnere il fuoco  dell'irascibilità proponendo soluzioni universali che nella mise en scène sul palco fanno scorrere brividi lungo tutta la colonna vertebrale.
La conosciamo, oramai, la Dea Khepri, dea delle trasformazioni: può divenire Artemide incattivita  in "Quello che", un' Emily Loizeau tramortita dalla sua stessa emotività in "E' troppo facile", oppure ancora uno stregone che ha ricevuto il torngak dopo essere stato divorato da un orso in "Sfumature" ("L'essenziale è invisibile agli occhi/ il cuore invece no, non può ingannarti").
L’unica traccia che potrebbe suggellare questo incanto, Meg lo sa bene, è “Distante” : un sisma futuristico che in fremiti e sussulti di elettronica pura realizza un finale strabiliante, in cui i diversi volti di Meg si riassommano e si inchinano alla bellezza dell'affetto del pubblico fedelissimo che non ha mai abbandonato la sua paladina dell'imperfezione. 

 

 

TRACKLIST

1

Concerto Per
Il confine tra me e te
Simbiosi
Napoli città aperta
Imperfezione
Occhi d’oro
Skaters
Impossibile trasmissione

2

Promemoria
Olio su tela
Audioricordi
Quello che
Parentesi
Sfumature
È troppo facile
Distante

 

  • 9/10
    - 9/10
9/10

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