Da “Ghost space” a Deschema non sono trascorsi soltanto otto anni: il cambiamento del nome della band ha significato un restauro sopraffino delle scelte artistiche, un cambio di rotta nelle sonorità, e aggiustamenti della line-up. Mutamenti che hanno segnato fortemente il loro omonimo EP d’esordio, composto da sei tracce interamente cantate in italiano. Scomodare la lingua madre, osando il funambolismo prestigioso di saper scegliere vocaboli che differiscano dalle banalità commerciali, è già di per sé certificato di grande riuscita. Ma nel giovane quintetto senese “La follia dorme sotto la pelle”e la voglia di stupire maturata nella massiccia dose di concerti dal vivo tenuti su palchi prestigiosi si rivela brano dopo brano senza abbassare mai la guardia. Già dall’apripista “Sembianze” il cambio di tono si nota nell’immediato: c’è un’elettronica seducente, echi di Subsonica, un’atmosfera tuonante in stile Infected Mushroom mixata con la classe de I Ministri. Il giusto contrappeso c’è: la chitarra di Giulio Cappelli affianca i virtuosismi di Emilio Goracci e di Nicola Facco, la batteria dinamica di Massimiliano Manetti dà ampio respiro alle declinazioni della voce magnetica, mercuriale, incantatrice di Gianluca Polvere. Proseguendo nell’ascolto si ha la conferma che il rock non è più una mescolanza grezza di chitarre inacidite dalla rabbia, si è aperto arieggiato a suoni variopinti, pigmentati da una nuova pelle che la band si è scelta (“Riemergere” ne è l’esempio più lampante, accanto a “Kubrik”). Melodie che si aprono anche ad attimi di sperimentazione, come nella meravigliosa “16/12”, intramezzo onirico felpato, dai toni meravigliosamente lanuginosi a ricordare le trame solenni e intrise di pathos di Santi Pulvirenti e quel gioiello di progetto che è "All animals" di Jónsi & Alex. Ma le radici e le foglie non amano stare mai troppo distanti e dopo qualche giro al largo compiuto con assennatezza e grande capacità, si torna per un momento sulla strada di casa: in “Graffiti” ritroviamo un urlo caustico che si concede qualche momento rockeggiante più classico, ma non per questo meno considerevole,poi la sezione ritmica si rilassa, crea un’ amaca oscillante, preparatoria al ritorno in campo della grinta vigorosa che è un assist perfetto allo stage diving. “Giungla Artificiale” si apre invece alla Massive Attack, nellla 'nebbia digitale' le incomprensioni e l'amore possono convivere faticosamente, la musica traslittera punto per punto l'affanno e la risolutezza della determinazione. I suoni si incupiscono, tendono verso un rock più truce, in cui i cori acquisiscono riverberi sacrali come provenissero dai Druidi. Quel che è certo è che dopo tanta gavetta, questa piccola meraviglia, che verrebbe voglia di ascoltare nell'attico in solitaria per non sciuparla, è il loro dente del giudizio .La maturità artistica è stata sondata. Ora è il momento di lasciarsi travolgere: la prova del nove saranno i concerti dal vivo. E “Deschema”, sia come nuova ragione sociale della band che come titolo dell’album, rimane un progetto imbrifero che raccoglie il sudore dei sacrifici, bacino piovano di acque che stanno bene dove stanno perché sono finalmente esondate.
Tracklist:
1. Sembianze
2. Kubrick
3. Riemergere
4. 16/12
5. Graffiti
6. Giugnla artificiale
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