L’EP dei Lacùra è uscito il 14 maggio scorso, e noi lo abbiamo ascoltato, pronti a farci travolgere dalla musica e dalle uscite discografiche indipendenti che, con gran coraggio, nonostante il momento, non vogliono fermarsi.
Lacùra è un progetto giovane, con delle sonorità molto caratteristiche, date da un organico “monco” della chitarra ma che non ne fa sentire la mancanza. L’incidenza della sola sezione ritmica, opportunamente trattata e saturata, fa da sfondo perfetto per le voci, e rimane sempre solida e completa.
E’ impossibile parlare di questo disco senza fare menzione proprio al suono, diretto e ruvido, che strizza l’occhio quasi allo Stoner di Melvins e affini.
Il disco inizia con un gran bel riff ne “La Vanità”, e il brano ha un ottimo tiro fino alla fine. E’ un brano perfetto con il quale iniziare il disco, disco che però subisce una sorta di battuta di arresto su “Limite”, forse il brano più debole, per via di un downtempo un po’ troppo stiracchiato e poco compensato dal testo e dalla metrica del cantato.
“Sciacalli” torna a picchiare forte, e ristabilisce il tono muscolare del disco, non ci dispiace questo ritorno, soprattutto sulla cavalcata punk-style di fine canzone.
Di “Specchio”, singolo che ha anticipato l’uscita dell’EP, avevamo già parlato in termini tutto sommato positivi, proprio per l’efficacia dei riff e del suono “alternative”. Al primo ascolto del singolo, l’inserimento del cantato lirico della cantante Gabriela ci aveva incuriosito, anche per la diversità della proposta, ma all’ascolto dei quattro brani, in cui questo elemento è sempre presente, finisce per risultare piuttosto “weird” e fuori contesto, smontando di fatto i punti di forza di tutti gli altri elementi.
“Tra ignoranza e realtà” è tutto sommato un buon disco, ben prodotto, con un suono garage convincente, e che esprime una potenzialità (forse più sonica che lirico-poetica) che può essere cavalcata e sviluppata nei prossimi lavori della giovanissima band di Delta Records.
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